Un ponte tra Cina e Italia per talenti emergenti: la galleria Capsule Shanghai avvia a Venezia un progetto pop-up della durata di un anno. Chinoiserie, la rubrica dedicata all’arte contemporanea cinese e asiatica a cura di Camilla Fatticcioni.
Fondata nel 2016 dal gallerista italiano Enrico Polato nel cuore residenziale della Concessione Francese, Capsule Shanghai nasce come progetto di lancio per artisti emergenti cinesi. Nel 2024, la galleria ha aperto una seconda sede a Venezia, con l’obiettivo di presentare il suo programma al pubblico internazionale in parallelo con la 60a Biennale d’arte. Capsule Venice si trova nei locali della Fondazione Marchesani nel sestiere di Dorsoduro e ha già inaugurato tre delle quattro mostre in programma, tutte a cura di Manuela Lietti, critica e curatrice indipendente specializzata in arte asiatica.
“Capsule Venice nasce dalla necessità della galleria di riconnettersi con l’Italia dopo la pandemia – ha rilasciato Manuela Lietti a China Files – non siamo solamente una galleria commerciale, ma una sorta di think-tank culturale, una piattaforma aperta.”
Non è casuale la scelta di dare avvio alla programmazione in Laguna con When We Become Us², una versione riveduta e ampliata di When We Become Us, la mostra collettiva con cui Capsule aveva inaugurato la propria sede a Shanghai nel 2016.
“Non è stato difficile avvicinarsi alle tematiche affrontate in Biennale quest’anno con Foreigners Everywhere” ci ha spiegato Lietti. Da sempre Capsule Shanghai si occupa di ricercare artisti protagonisti della diaspora Cinese, con un programma di scouting internazionale alla ricerca di talenti emergenti cinesi di formazione internazionale.
Le mostre proposte a Venezia hanno lo stesso taglio, ma presentano artisti diversi da quelli esposti precedentemente a Shanghai. Questo si è visto in particolar modo per la seconda mostra in programma Hovering, che ha visto la partecipazione di artisti internazionali alla prima collaborazione con Capsule: “Con Capsule Venice sottolineiamo la vocazione e l’impegno della galleria nell’agire come incubatore di ricerca e piattaforma per talenti emergenti, non solo cinesi.” ci ha spiegato Lietti.
Ed è proprio l’attenzione ai talenti emergenti che negli ultimi anni di ascesa e discesa del mercato artistico cinese ha delineato il gusto dei collezionisti in Asia. “La Cina dopo il Covid ha subito un rallentamento nella sua crescita nel mercato artistico internazionale. E’ comunque molto importante e bello vedere che la presenza cinese e asiatica in generale sia cresciuta negli ultimi anni in eventi come la Biennale.” – ha sottolineato la curatrice Manuela Lietti.
La Biennale di quest’anno si è infatti distinta per la cospicua presenza di artisti asiatici, quasi il doppio rispetto all’edizione del 2022. Complice anche la tematica scelta dal curatore Adriano Pedrosa per l’edizione 2024: stranieri sono e siamo ovunque. Gran parte della rappresentanza asiatica è stata comunque coreana, ormai indiscussa protagonista del panorama culturale e artistico internazionale, e quest’anno in particolare per il 30esimo anniversario del Padiglione Sudcoreano in Biennale. In manifestazioni come la Biennale è ormai evidente il graduale allontanamento da una visione esclusivamente eurocentrica dell’arte, e questo è un bene per realtà come Capsule.
La terza mostra, parte del summer program di Capsule Venice, ha presentato Love Dart, personale dell’artista cinese Wang Haiyang insieme a due progetti speciali, Dipinti e Beats, rispettivamente di Alessandro Teoldi e Feng Chen, in mostra fino all’8 settembre.
Il quarto ed ultimo progetto di Capsule Venice verrà inaugurato il 21 settembre con la prima personale in Italia dell’artista cinese Liao Wen (1994, Chengdu, China) dal titolo By devouring it, I learn about the world. Assieme alle opere di Liao Wen verranno anche esposti due progetti speciali, Vista dell’artista tedesco Mevlana Lipp nella e Real Time dell’italiano Alessio de Girolamo.
Per la sua prima mostra personale in Europa, Liao Wen interagisce con lo spazio attraverso lavori site-specific che, pur avendo valenza in sé, creano un’opera d’arte totale da cui l’artista diparte per esplorare la relazione tra corpo, rituale, mito, immaginario collettivo. Paradigmi socio-culturali estetici ed etici legati al senso di disgusto, vergogna e abiezione sono ribaltati dall’artista grazie a una riflessione che li porta a essere intesi come lo stadio latente e germinativo di un nuovo sentire.
“L’accoglienza a Venezia di Capsule è stata buona. Diversi visitatori, e non solo collezionisti. Questo anche grazie al nostro public program.” ha affermato Lietti. Il progetto di Capsule Venice è ambizioso e segue in parallelo gli eventi in Laguna con un programma eterogeneo, il che la rende una galleria che si rivolge ad un pubblico più ampio di quello dei collezionisti. Sicuramente questo è solo l’inizio di un progetto che vuole continuare a mantenere aperto il dialogo tra Shanghai e Venezia.
Di Camilla Fatticcioni
Studiosa di Cina e fotografa. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla vive in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hanghzou interessandosi di archeologia e laureandosi nel 2021 con una tesi sull’iconografia Buddhista delle grotte di Mogao a Dunhuang. A Firenze continua a portare avanti alcuni progetti fotografici sulla cultura cinese, e lavora come ufficio stampa presso il Museo Novecento. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea Cinese, Camilla cura per China Files la rubrica Chinoiserie.