Holidays in the sun: migrazione punk a Sud delle nuvole
Per due anni, la scena musicale pechinese si destabilizza e si sposta. Il clima cittadino del nuovo millennio è inquinato da troppe band e competizione, ma prima di soccombere si cercano altri territori. La scelta ricade sullo Yunnan, meravigliosa provincia meridionale incastonata tra la cultura tibetana e del Sud-est asiatico, ricca di luoghi idilliaci dove i turisti stranieri si fermano rapiti, la vita costa meno, la marijuana cresce selvatica e viene venduta per pochissimi yuan. Il posto ideale per dei poveri punk stressati dalla metropoli, che, insediandosi nei caffè di Dali e Lijiang, iniziano a suonare e a influenzare centinaia di altri giovani cinesi che fino ad allora non avevano mai potuto venire a contatto con queste forme di ribellione ed espressione musicale.
Nel frattempo, in una Pechino scremata di punk, una nuova scena rap metal influenzata dal nuovo giro di vite del mainstream americano chiamato Korn si insidia creando distinzioni e mutando la direzione dei locali cosiddetti punk, i quali perlomeno apprezzavano il fatto che queste nuove rock band fossero più edulcorate, non lanciassero bottiglie di birra sul pubblico, e suonassero in maniera molto più commerciale e “controllabile”.
Quando nel 2000-2001 gli spiantati punk pechinesi, finiti soldi e sogni di successo yunnanesi ritornarono a Pechino, l’inevitabile cambio di tendenze modificò nuovamente la scena. Rabbia, creste e stivali erano stati lentamente sostituiti da barbette emo e chitarre a sette corde, probabile retaggio culturale del post freakkettonaggio yunnanese, lasciando la prima violenza punk da parte, e condividendo palchi, ideologie e serate con gli altrimenti inconciliabili rap metallari.
Nel giro di pochi anni, quello che in occidente è successo nel corso di tre decenni, in Cina ha preso la superstrada temporale e si è modificato così rapidamente da lasciare un vuoto, e cambiare faccia.
Brain Failure, un successo di esportazione China Punk
Se fino ad ora abbiamo analizzato il punk cinese dal suo interno, è necessario descrivere come il movimento si sia ritagliato uno spazio esterno, e come sia stato accettato da quella scena alla quale tanto si è ispirato. La band punk cinese più significativa in termini di inizio del movimento e successo entro e oltre i confini della Cina è Brain Failure, band pechinese formata nella seconda ondata del 1997 e aderente a un rigoroso punk stradaiolo di ricetta settantasettina che stringe la mano all’Oi! Punk britannico più melodico.
Per una serie di coincidenze, talento, fortuna e probabilmente anche il fatto che tra il 1999 e il 2001 il texano David O’Dell suonò il basso nella band, i Brain Failure sono l’unica band cinese ad aver raggiunto successo internazionale e ad aver diviso i palchi con le più celebri formazioni occidentali a cui il gruppo faceva riferimento, ovvero Dropkick Murphys, The Unseen, Stiff Little Fingers tra i primi.
Nel 2003, la band riesce ad andare a suonare in America alla Asian Night dell’importantissimo South By Southwest Festival ad Austin, Texas. Durante lo stesso tour, suonando in California di supporto ai Dropkicik Murphys e conoscendo Ken Casey, il futuro dei Brain Failure è segnato per sempre, e l’incontro prepara le basi per l’album American Dreamer del 2004.
Un titolo che è tutto un programma nel sostenere l’ipotesi di un punk cinese pesantemente influenzato e debitore dei modelli statunitensi a cui faceva riferimento. Con la produzione e l’appoggio di Ken Casey, i Brain Failure diventano ufficialmente la prima punk band cinese al mondo e nel 2005 raggiungono risultati incredibili per una band punk: tour americani con gente del calibro di Dropkicik Murphys, The Unseen, Stiff Little Fingers, the Briefs, la partecipazione al blasonatissimo Warped Tour e l’apparizione in una compilation su Epitaph Records, praticamente la più major tra le etichette indipendenti del punk mondiale.
Ed è così che il punk cinese si apre la via a stelle e strisce, viene accettato dalla comunità punk internazionale e spinge altre migliaia di giovani cinesi a prendere in mano gli strumenti e creare del rumore: la vera rivoluzione culturale, forse. Rivoluzione o meno, il punk cinese ora appare sui radar di tutto il mondo musicale e il suo nome non suona più come una barzelletta senza senso. Come considerazione principale, è giusto notare come questo risultato venga accettato dalla comunità musicale americana, dove ormai il punk non fa più paura a nessuno, ridotto com’è a un fenomeno commerciale per ragazzini coi brufoli. Privo di quella vena autodistruttiva a base di lamette taglienti che invece riconosce nei Brain Failure una nuova fresca proposta di quegli stessi valori ormai persi da tempo nel punk a stelle e strisce.
Sicuramente il fatto che il punk cinese venga dalla terra di Mao Zedong e da una nazione comunista rende il tutto più commercialmente appetibile agli occhi della macchina mangia soldi del major punk americano. Quattro cinesi che suonano street punk come lo potrebbe fare una band da Boston sono un fatto abbastanza curioso da meritare tutta questa attenzione.
10 Anni in Corsia di Sorpasso
Concludere una introduzione alla storia rocambolesca del punk cinese è un po’ come prendere alcune centinaia di dischi fondamentali scelti tra le varie decine di sottogeneri del rock e del metal degli ultimi trent’anni, spezzarli a uno a uno, mettere i frammenti in un frullatore e lasciare tritare per alcuni minuti. Il risultato potrebbe essere distillato in decine di nomi di bands diverse che hanno rappresentato i primi esempi cinesi di pseudo o totali imitazioni di bands occidentali più famose, senza mai dimenticare i “caratteri cinesi”.
Le spille e le creste colorate rimangono, ma altri generi si consolidificano: i ragazzi cinesi iniziano a portare canottiere bianche da rockabilly e a sfoggiare grossi tatuaggi sulle braccia, le ragazze punk sfoggiano mini da urlo e calze a rete bucate (e anche i primi tatuaggi), i più malinconici si crogiolano nelle nuove correnti emo rock e vestono come intellettuali alternativi pescati da un incubo rimbaudiano.
L’epicentro della scena rimane sempre Pechino, ma anche la vibrante Shanghai, più propensa alla disco e trance acide, per non parlare della progressiva Wuhan, lo studentato di Tianjin, la birrafondaia Qingdao, e la fumeggiante Dali, tra le tante. I locali sono decine, se non centinaia: dal famoso D22 a Wudakou, il 13 Club, lo Yugong Yishan a Pechino, passando per il Bad Monkey Bar di Dali (gestito da stranieri e famoso per dare la chance a gruppi stranieri di esibirsi in Cina). Il punk, seppur non sulla cresta dell’onda e nascosto agli occhi meno attenti, è una scena ormai fervente.
La corsia di sorpasso temporale cinese ha creato altre band interessanti che è doveroso citare: i Joyside, gli Hedgehog e i Carsick Cars, ovvero i tre punti saldi della Pechino punk post Yunnan, bands che sono state anche in grado di affrontare tour Europei e portare la giallo punk mania all’infuori dei confini della Repubblica popolare, le Hang on the Box, uno dei primi gruppi punk tutti al femminile, ispirati dalle correnti Riot Grrrl americane care a Kathleen Hanna e alle sue Bikini Kill, autrici di uno scordante punk da tre accordi e voce da bambina lisergica che ha appena messo le dita nel frullatore.
Gli Angry Jerks da Nanjing, nati nel 2000 come hardcore band e ad oggi trasformatisi nella prima e unica psychobilly band cinese, con tanto di bassista in qipao e autoreggenti da pin-up dei ‘50, pettinature ingellate alla Elvis Presley, ed 8 balls tatuate sulle spalle. Senza continuare a citare altre tra le decine di interessanti bands che costellano il panorama punk della Repubblica popolare, è interessante considerare come grazie al sempre maggior numero di ingressi di stranieri in Cina e all’incremento delle opportunità che i ragazzi cinesi hanno di studiare all’estero in paesi occidentali, il ritorno di idee e proposte musicali in dieci anni esatti dal ritorno dei punk a Pechino abbia fatto passi da gigante.
Le influenze rimangono straniere, ma i punk e gli alternativi cinesi hanno grinta da vendere e qualcosa da insegnare anche ai modelli occidentali a cui si sono ispirati: la passione. Una grande, rinomata passione che ormai ha consolidato la propria versione rossa a stelle gialle del punk rock, e che non si trova più in quei modelli occidentali. Il futuro? Ancora tutto da scrivere, ma a questi ritmi, non sarebbe stupefacente trovarsi di fronte a una vera e propria rivoluzione musicale nel corso dei prossimi cinque o dieci anni.
Punk a caratteri cinesi?
Se il ritmo della corsa rimane costante, la risposta è sicuramente sì. Preparatevi ad aggiungere nuovi classici dagli occhi a mandorla tra i vostri prossimi acquisti musicali.
* Marco Ferrarese ha suonato per 10 anni nei The Nerds Rock Inferno, una delle poche punk rock bands italiane capaci di infiammare i palchi di Europa e Stati Uniti. Dal 2007, incuriosito dall’Asia, si trasferisce in oriente. Ha vissuto in Europa, Cina, Stati Uniti ed Australia, e viaggiato in circa 40 paesi. Al momento vive, scrive e lavora a Penang, Malesia. Il suo sito è www.monkeyrockworld.com
[Foto di Janek Zdarski]