1988 è l’ultimo romanzo di Han Han, appena uscito per Metropoli d’Asia. Al centro del libro la generazione dei nati negli anni Ottanta e la Cina di oggi, legati dal fil rouge del numero trenta. Trent’anni, come l’età dei protagonisti del libro e dello stesso autore. Ma anche come gli anni passati da quando la Cina ha iniziato a crescere senza sosta. Su una station-wagon scassata Lu Ziye, un ragazzo sulla trentina, attraversa la Cina. Sulla strada incontrerà una giovane e simpatica prostituta, Nana. Lei è in cinta, vuole ritrovare il suo primo protettore, lui deve andare a trovare un suo amico d’infanzia, in carcere chissà perché.
Così si spingono nella Cina profonda, la Cina delle città di seconda e terza fascia, la Cina delle ingiustizie dove il più debole soccombe e il potente lo calpesta. La Cina dei bordelli in ogni albergo e della polizia corrotta. Durante il viaggio i due – vite, istruzione e caratteri completamente differenti l’uno dall’altro – si conosceranno, avranno modo di raccontarsi e di ripercorrere silenziosamente il loro passato. Trent’anni.
Trenta sono gli anni dell’autore del romanzo, Han Han, trenta sono gli anni in cui l’economia cinese non ha fatto altro che crescere e trenta sono gli anni della generazione degli anni Ottanta, quella che Han Han rappresenta da quando è diventato un personaggio pubblico, alla tenera età di diciassette anni.
All’epoca frequentava l’ultimo anno delle scuole superiori. Venne bocciato, non si applicava. Testardo e presuntuoso Han Han presentò le dimissioni formali dalla scuola. "Cosa farai adesso?", gli chiese preoccupato un professore. In Cina, tanto più dieci anni fa, uscire dal sistema era un vero rischio. Ma Han Han già sapeva il fatto suo: "Camperò vendendo libri e mi comprerò una macchina da corsa". Saccente, nessun adulto gli avrebbe mai creduto. Eppure così è stato.
Da allora non si è mai fermato. Ha all’attivo quattro romanzi, diverse raccolte di articoli e saggi, gare in automobile con il team di Volkswagen Shanghai, talk show, fan club, manifesti giganti in metropolitana, canzoni incise e copertine patinate. Ma sopratutto il blog, che con i suoi oltre cinquecento milioni di accessi può tranquillamente essere annoverato tra i più letti al mondo.
Nei suoi post riflette sulla società contemporanea in maniera arguta e apertamente polemica. Negli ultimi anni non c’è stato avvenimento pubblico o personaggio che non abbia dovuto fare i conti con la sua lingua tagliente. Ma è sempre rimasto in piedi, in un difficile esercizio di equilibrismo.
È il suo stile. L’individuo prima di tutto, mai la massa. Han Han descrive da sempre il disagio della sua generazione, prima stritolata dalle aspettative di genitori e società, oggi abbandonata dallo Stato. Sono gli 80 hou, i figli unici nati negli anni Ottanta. Sono i ragazzi che non hanno conosciuto la Cina maoista, quelli che finalmente studiano l’inglese, i primi “teenager” della storia della Cina. Viziati, saccenti e rampanti, ma soli.
Han Han è ormai un uomo, ma rimane un eterno adolescente. Sa come accaparrarsi il pubblico, costruire un romanzo e mischiare stili e scritture. In quest’ultimo, tiene insieme considerazioni adolescenziali, frasi da Baci perugina e vivide descrizioni della Cina contemporanea.
Ha la forza di chi può permettersi di osservare da lontano, sorridendo nel denunciare le miserie del mondo. Dal nonno che porta alla polizia l’apparecchio con cui il giovane ha potuto ascoltare una radio “nemica” (un’emittente taiwanese), al giornalismo cinese corrotto (leggi qui l’anticipazione) da continue mazzette, fino alle sordide storie di ambizioni e alle sfortune dei singoli.
Ed è indubbiamente questa la sua forza. La forza che gli ha permesso di sopravvivere alla chiusura della sua rivista (Party, Un coro di assoli) dichiarando pubblicamente: “Ragazzi, magari usaste la vostra formidabile immaginazione nella creazione letteraria invece che nella censura”.
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Han Han, VERSO NORD Unonoveottootto, Metropoli d’Asia, 201 pp. 14,50 € Traduzione di Silvia Pozzi