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Autrici di fanfiction prede della “pesca d’altura” cinese

In Cina, Economia, Politica e Società by Redazione

Già dal 2024, questa “pesca d’altura” ha preso una piega ancor più controversa: nella contea di Jixi, nella provincia di Anhui, le autorità hanno avviato una campagna repressiva contro autori, o meglio, autrici, quasi tutte giovani donne sotto i 30 anni, di fanfiction danmei — romanzi romantici di erotismo soft, spesso queer.

“Pesca d’altura” (yuǎn yáng bǔ lāo) è un eufemismo ironico nato nel gergo internettiano cinese per designare un fenomeno sempre più diffuso: operazioni repressive condotte da autorità provinciali oltre i propri confini amministrativi, spesso in province non contigue, con l’esplicito obiettivo di intercettare risorse economiche appartenenti a imprese o cittadini facoltosi residenti altrove.

Questa pratica si inscrive in un contesto di crescente crisi fiscale a livello locale: la riduzione degli introiti derivanti dagli investimenti privati, l’evasione fiscale strutturale, lo scoppio di bolle speculative come quella immobiliare di Evergrande (e non solo), hanno posto numerosi governi locali davanti a un progressivo dissesto finanziario, tanto da minacciare l’erogazione di servizi essenziali — e finanche il pagamento degli stipendi agli impiegati pubblici.

Di fronte a tale scenario, alcune amministrazioni locali sembrano aver adottato una soluzione creativa che porta a dei risvolti inquietanti: la caccia ai “pesci grossi” in acque altrui. Le prede sono perlopiù di imprese o individui benestanti ai quali vengono attribuiti reati — come corruzione, evasione fiscale, gioco d’azzardo o prostituzione — che giustificano multe milionarie e, in molti casi, la confisca dei beni. Sebbene tale pratica sia stata criticata anche da organi ufficiali come il Quotidiano del Popolo, che in un articolo del 16 dicembre 2024 l’ha definita lesiva dei diritti legittimi degli imprenditori privati e una minaccia allo stato di diritto, essa continua a essere attuata con crescente disinvoltura.

Già dal 2024, questa “pesca d’altura” ha preso una piega ancor più controversa: nella contea di Jixi, nella provincia di Anhui, le autorità hanno avviato una campagna repressiva contro autori, o meglio, autrici, quasi tutte giovani donne sotto i 30 anni, di fanfiction danmei — romanzi romantici di erotismo soft, spesso queer. In questa campagna, oltre 50 persone sono state colpite da multe, o addirittura da detenzione, come una tra le autrici più popolari, Yuan Shang Bai Yun Jian, condannata a oltre quattro anni di carcere.

Secondo fonti indipendenti e internazionali, nella prima metà del 2025 la città di Lanzhou, nel Gansu, ha lanciato un’operazione simile, colpendo tra le 200 e le 300 persone, mirata contro le giovani autrici residenti in varie province della Repubblica Popolare, i cui romanzi sono pubblicati sulla piattaforma taiwanese Haitang Wenxuecheng. Molti di contenuti non erano neppure a pagamento, o avevano ricevuto solo modesti compensi simbolici — dettaglio che lascia intendere che le ragioni dietro l’azione penale non siano puramente economiche.

Il vero obiettivo, qui, sembra essere proprio la produzione culturale queer: le fanfiction danmei, i racconti BL (Boy Love), e in generale quella produzione letteraria, soprattutto femminile, sempre più popolare tra la generazione Z. Secondo un gruppo di studente attiviste transfemministe cinesi in Italia riunitesi in uno collettivo che affronta temi di soggettività queer legate all’identità di genere e all’affettività tra Italia e Cina, “Collettiva Yilou”, per molti giovani lettori e lettrici, i romanzi danmei rappresentano un canale alternativo all’educazione sessuale e affettiva, assente nella produzione culturale nazionale perché fortemente censurata da Pechino. Di conseguenza, colpire queste narrazioni e chi le scrive non significa solo reprimere contenuti “osceni”, ma soffocare immaginari alternativi, comunità affettive, e pratiche discorsive non allineate alla norma eteronormativa e patriarcale.

Di Sabrina Ardizzoni