La rivoluzione in Corea del Nord di questi tempi è un fatto di botanica. Da una parte la kimjongilia, la begonia che prende il nome dal Caro Leader, la cui dinastia comunista governa il Paese da oltre sessant’anni, dall’altra i gelsomini, fiore cui sono dedicate le rivolte che stanno scuotendo i decennali regimi del Medio Oriente e del Nord Africa.
A portare l’eco di queste proteste nel lato Nord del 38° parallelo sono in questi giorni le centinaia di migliaia di volantini sganciati sul ‘Regno eremita’ dall’esercito sudcoreano per rompere il muro della censura alzato da Pyongyang. Una campagna d’informazione, e contro-propaganda, cui si aggiungono anche beni materiali come cibo, vestiti e medicinali. Dall’attacco dell’artiglieria di Pyognyang contro l’isola sudcoreana di Yeongpyong a novembre, in cui morirono 4 persone, tra cui due civili, i palloni eolici con aiuti e messaggi sono stati almeno 3 milioni, di cui 2,4 milioni inviati dall’inizio delle proteste in Egitto.
È quanto rivelato ieri da un parlamentare sudcoreano che ha ammesso il ritorno a una pratica di propaganda abbandonata da almeno 10 anni. L’obiettivo: incoraggiare una ribellione contro Kim Jong-il. E questo sebbene l’ipotesi di una sollevazione popolare ispirata alle rivolte che in Tunisia ed Egitto hanno portato alla caduta dei regimi di Zine el Abdine Ben Ali e di Hosni Mubarak appaia remota. “Al momento non ci sono segnali di un possibile cambiamento”, ha detto il ministro per la Riunificazione sudcoreano, Hyun In-taek.
Nei giorni scorsi sulla stampa di Seul aveva avuto risalto la notizia di sporadiche proteste in alcune città al confine con la Cina. Secondo quanto riferito giovedì dal quotidiano Chosun Ilbo, che cita un disertore del regime di Kim Jong-il, centinaia di manifestanti nordcoreani si sono scontrati con le forze di sicurezza nella città di Sinuiju. Il bilancio delle vittime è incerto, si parla di quattro, forse cinque morti. A spingere gli abitanti alla rivolta è stato il pestaggio di un commerciante durante un’operazione di polizia contro il mercato nero nella cittadina di frontiera, nei giorni successivi al compleanno del ‘Caro Leader’, il 16 febbraio.
La rabbia dei familiari e dei colleghi della vittima si è unita a quella degli abitanti che non avevano ricevuto le attese razioni alimentari promesse dal regime a causa delle disastrate condizioni in cui versa l’economia nordcoreana. Gli scontri di Sinuiju non sono tuttavia un fatto isolato. Mercoledì, il ‘Chosun Ilbo’, dava notizia di piccole manifestazioni in almeno tre città -Jongju, Yongchon e Sonchon- alla vigilia del compleanno di Kim.
I cittadini erano scesi in piazza per chiedere cibo ed elettricità. Secondo il quotidiano sudcoreano, infatti, le già scarse forniture elettriche sono state dirottare verso Pyongyang per illuminare la capitale in occasione dei festeggiamenti. Le proteste sono un fatto raro nel Paese eremita. Nulle le grandi sollevazioni popolari, poche e sporadiche le manifestazioni contro il carovita. Nel 2008 a Chongjin il governo locale vietò alle donne sotto i 50 anni di vendere prodotti al mercato. Gruppi di manifestanti si radunarono davanti alle sedi governative per chiedere razioni di cibo e la revoca del provvedimento.
E, secondo alcuni disertori, riuscirono nel loro intento. Nel 2009 invece la molla del malcontento fu la rivalutazione della moneta locale, lo won. In un primo momento l’improvviso aumento degli stipendi aveva fatto credere ai nordcoreani che anche il loro potere d’acquisto si fosse moltiplicato. L’inflanzione schizzò tuttavia alle stelle e i prezzi -tra tutti quello del riso- aumentarono anche di 50 volte.
Corruzione, disoccupazione e carovita sono state tra le cause delle rivolte nel mondo arabo e islamico. Sollevazioni di cui i nordcoreani non hanno praticamente avuto notizia. Ora l’eco della protesta è arrivato fino in Cina. Domenica scorsa a Pechino e in altre 13 città sono fallite una serie di ‘rivoluzioni dei gelsomini’, convocate su internet: Si è trattato di raduni poco partecipati, ma preceduti e seguiti dall’arresto di numerosi attivisti e da un giro di vite sui contenuti online, sebbene per le prossime settimane siano già previste altre iniziative.
Secondo il giornale degli esuli Daily North Korea, Pechino e Pyongyang hanno formato un’unità speciale per prevenire ogni possibile mobilitazione ispirata alle rivolte in Medio Oriente e Nord Africa. Il tema è stato al centro della visita in Corea del Nord del consigliere di Stato cinese e ministro della Sicurezza pubblica, Meng Jianzhu, secondo un altro quotidiano di Seul, il ‘JoongAng Daily’.
Ma come ha spiegato il dissidente, Kim Heung-kwang, all’agenzia Yonhap, i nordcoreani non hanno ancora “una coscienza democratica matura” e le loro lotte sono per la sopravvivenza "giorno dopo giorno tra le ristrettezze economiche".