In India da mesi si discute del Lokpal Bill, la tanto agognata legge anti-corruzione. Tutti d’accordo sul porre un freno alle mazzette indiane, governo e società civile stanno litigando sulle modalità, presentando due diversi disegni di legge.
Giovedì 4 agosto il discusso decreto legge Lokpal Bill (letteralmente, legge del “difensore del popolo”) è passato alla Lok Sabha, la Camera Bassa del parlamento indiano. Nel frattempo in varie zone della capitale e nelle maggiori città indiane i membri dell’associazione India Against Corruption – capitanati dall’attivista ultrasettantenne Anna Hazare (nella foto) – bruciavano in pubblica piazza delle copie di tale Lokpal Bill condannandolo come un provvedimento “anti-poveri e anti-intoccabili”, un disegno di legge “smidollato, che getta fumo negli occhi e inganna il popolo indiano”. Le agguerrite proteste da parte degli attivisti e dei membri del partito di opposizione Bharatiya Janata Party proseguiranno fino al 15 agosto, anniversario dell’Indipendenza dell’India. Se entro l’inizio dei festeggiamenti il governo non avrà presentato un’altra proposta di legge più forte ed efficace, il veterano Hazare, e con lui alcune centinaia di sostenitori, sarà pronto ad intraprendere uno sciopero della fame “fino alla morte”, secondo modalità di protesta gandhiane.
La corruzione è una piaga che colpisce bene o male tutti i paesi, grandi e piccoli, poveri e meno poveri; ma nei giganti asiatici in via di sviluppo, “la mazzetta” è un sistema di proporzioni mastodontiche che vive parallelamente alla vita quotidiana per cittadini di ogni rango e attività amministrative, economiche e politiche di ogni livello. Nel ”Corruption Perception Index” pubblicato da Transparency International l’India, assieme alla Cina, naviga costantemente nei piani bassi della classifica. In India vige la strategia endemica dell’allungare due banconote con la faccia di Gandhi per ogni sorta di impiccio: per allontanare un poliziotto insistente, ritirare un pacco postale o sbrigare qualsiasi scartoffia burocratica, è indispensabile far “mangiare la ghush” a qualcuno. Il popolo indiano è stufo di far mangiare burocrati e funzionari a proprie spese e, a seguito di clamorosi scandali a tema corruzione che hanno coinvolto grandi nomi della politica indiana negli ultimi anni, la voce dell’opinione pubblica ha cominciato a farsi sentire in modo sempre più chiaro e univoco.
MOVIMENTO PER UN’INDIA SENZA CORRUZIONE – Considerando solamente l’ultimo anno solare, il partito di maggioranza INC (Indian National Congress) è stato coinvolto in una serie di vicende opinabili: Wikileaks ha smascherato una quantità di denaro destinata a corrompere dei deputati per assicurare il sostegno al Congress durante un voto di fiducia; il ministro delle Telecomunicazioni è stato arrestato per aver venduto licenze per il traffico della telefonia mobile a una frazione del loro valore; il primo ministro dello stato del Maharashtra è stato costretto a dimettersi quando si è scoperto che i suoi alti funzionari e le famiglie dei suoi politici si erano accomodati nelle case per vedove di guerra. Per non parlare dello scandalo sugli appalti durante i preparativi dei Giochi del Commonwealth.
La coscienza civica indiana questa volta non ha digerito il carico e a partire da questa primavera una serie di agguerrite manifestazioni di protesta, mosse principalmente dal santone con velleità politiche Baba Ramdev e da un anziano attivista non-violento conosciuto come Anna Hazare, hanno riempito le prime pagine dei giornali a livello panindiano.
L’IMPELLENTE NECESSITA’ DI UN LOKPAL BILL – Per frenare l’irresistibile potere della mazzetta a tutti i livelli di carica statale, l’India ha estremamente bisogno di un apparato legale più ferreo a questo riguardo. Non che i tentativi siano mancati: partendo dal primo Lokpal Bill proposto nella storia, ovvero quello del 1969, vi sono stati ben dieci Lokpal Bill fallimentari, dieci proposte di legge anti-corruzione che non sono mai riuscite a passare dalla Lok Sabha alla Rajya Sabha (Camera Alta) per essere approvate. Il popolo indiano aspetta da 42 anni l’emissione di una legge che lo protegga dagli abusi di potere, e da 42 anni i suoi diritti restano in sospeso.
Il motivo per cui anche questa volta la tanto sospirata legge anti-corruzione potrebbe fare fiasco consiste nel suo curioso e forse irreparabile sdoppiamento: l’associazione India Against Corruption rappresentata da Anna Hazare, di cui fanno parte eminenti giudici, avvocati e attivisti, ha proposto un disegno di legge firmato “società civile”, chiamato Jan Lokpal Bill (il Lokpal Bill ‘del popolo’). A questo si affianca ora il disegno di legge proposto e discusso dal governo (Sarkari Lokpal Bill o, semplicemente e legittimamente, Lokpal Bill), che, al contrario dell’associazione di cui sopra, ha potere legislativo e non deve tener conto delle bozze amatoriali dei liberi cittadini. E’ chiaro dunque che, oltre alla penosa faccenda della corruzione, nel fenomeno Lokpal Bill rientrano problematiche più ampie, fra cui la richiesta di una democrazia partecipativa più attenta alla voce della coscienza politica degli elettori, come dimostrano le pressanti richieste di un referendum popolare per indicare quale sia il Lokpal Bill vincente (clicca qui per consultare il testo del referendum vedi).
QUALE DEI DUE LOKPAL BILL? – In sintesi, lo scopo del Lokpal Bill è quello di promuovere una nuova istituzione pubblica capace di ricevere segnalazioni da parte dei cittadini e indagare su casi di corruzione che riguardino (quasi) tutti i funzionari dei governi centrale e regionali. Tale istituzione verrà monitorata da un consiglio composto da un presidente più otto membri, di cui almeno quattro giudici o ex-giudici della Corte Suprema o delle Alte Corti regionali. Il nuovo “difensore dei cittadini” avrà potere sia esecutivo che giudiziario, poiché autorizzato a prendere provvedimenti disciplinari a seguito delle investigazioni per una sentenza non superiore ai 7 anni di incarcerazione. Le categorie di dipendenti statali di competenza dell’istituzione Lokpal comprendono tutti i politici e anche il primo ministro, ma solo dopo aver terminato l’incarico; tutti i funzionari impiegati nei servizi pubblici; i direttori e gli impiegati nelle organizzazioni non-governative.
La presentazione di un simile disegno di legge ha suscitato l’indignazione degli attivisti vicini ad Anna Hazare al pari di un insulto, poiché differisce su alcuni punti salienti dal disegno proposto da India Against Corruption. Secondo l’avvocato e attivista Prashanth Bhushan, membro del team di Hazare, “nemmeno uno degli scandali degli ultimi mesi, che sono costati all’india milioni di rupie, avrebbe potuto essere investigato con le clausole proposte nel Lokpal Bill presentato in parlamento”, disegno di legge che secondo Bhushan farebbe meglio a chiamarsi “Protection of corrupt servants Bill”. Il Jan Lokpal Bill in effetti prevede pene più severe (dai sei mesi fino all’ergastolo) ed estende le categorie indagabili comprendendo il primo ministro e i giudici, escludendo invece le ONG dai potenziali perseguibili.
Da una parte, il governo e il segretario del Lok Jansjakti Party definiscono il Bill di Hazare “un mostro Orwelliano che ci farà spiare dal Grande fratello”.
Dall’altra, l’associazione India Against Corruption non accenna a voler scendere a compromessi proprio ora che l’opinione pubblica è stata fomentata e risvegliata.
Non resta che augurarsi la comparsa di un terzo Lokpal Bill univocamente accettabile prima che lo sciopero della fame ad oltranza non faccia di Anna Hazare un martire della corruzione.