Sud-Est asiatico Asia Criminale

Asia Criminale: un viaggio nelle tenebre del Sud-Est asiatico

In Cultura, Sud Est Asiatico by Francesco Mattogno

Il 13 giugno è uscito “Asia Criminale. I Nuovi Triangoli d’Oro tra Scam City, armi, droga, pietre preziose ed esseri umani” (Baldini+Castoldi, 288 pag.), il libro scritto a «quattro mani, quattro gambe e quattro occhi» da Emanuele Giordana e Massimo Morello, due istituzioni del giornalismo che tratta di Sud-Est asiatico. Un “reportage narrativo” che indaga le nuove mutazioni della criminalità organizzata regionale, dalle truffe online al riciclaggio di denaro

Scrivere di Sud-Est asiatico è una sfida, e a tratti fa incazzare parecchio. Perché, specialmente fuori dai grandi media internazionali, richiede allo scrittore o al giornalista un’opera di convincimento costante allo scopo di superare lo scetticismo di editori, direttori, caporedattori e lettori, ultimi ma non per importanza.

Serve quindi mettere in fila dati economici e demografici, menzionare la rilevanza strategica della regione al centro dell’Asia-Pacifico, ricordarne le guerre e i morti, i colpi di stato, i grandi network criminali, ma anche la vivacità dei movimenti politici regionali, le scaramanzie, gli spiriti e i fantasmi di un’area di mondo che è molto di più di spiagge bianche e pad thai, che forse sarebbe meglio alternare col pad kra pao.

Quando si è fortunati, si viene ingaggiati per un articolo o un servizio. Ma è solo nei casi migliori, ed è garanzia di qualità, che si arriva a scrivere un libro come Asia Criminale (Baldini+Castoldi, 288 pag.) di Emanuele Giordana e Massimo Morello, uscito ufficialmente il 13 giugno. C’è poco da girarci intorno: Giordana e Morello sono due istituzioni del giornalismo italiano sul Sud-Est asiatico, che coprono in lungo e in largo da decenni rispettivamente (soprattutto) per il manifesto e il Foglio.

Per i più attenti e appassionati di cose dell’Asia sudorientale, questo libro scritto a «quattro mani, quattro gambe e quattro occhi» è l’occasione per approfondire le “tenebre” di una regione nella quale abbondano misteri e zone d’ombra, mettendo ordine al caos delle notizie che raccontano di arresti e Scam City, di ingerenze cinesi e schiavi digitali, passando per il traffico di oppio, metanfetamine e legname proveniente dal disboscamento illegale. Per tutti gli altri, Asia Criminale è il modo migliore per cominciare a esplorare davvero il Sud-Est asiatico, magari chiudendo TikTok e i reel di Instagram.

Uno dei pregi del libro è proprio quello di unire i puntini e provare a dare una definizione, e quindi una forma, a tutti quei movimenti criminali regionali che solo all’apparenza appaiono slegati, o lontani da noi. Giordana e Morello lo fanno con uno stile che trascende quello del classico saggio giornalistico, che a qualcuno potrebbe pure annoiare, per sposare un approccio narrativo, ben più affascinante. Ma non per questo meno preciso, anzi: Asia Criminale è giornalismo nel suo senso più puro e “romantico”, quello del reportage, ormai in via d’estinzione.

Gli autori non si limitano ad andare nei luoghi e a raccontarne odori, sapori e superstizioni, ma ne conoscono storia e contesto politico. E allora è facile anche farsi trasportare, indagare con loro, senza avere la pretesa di conoscere tutte le risposte ma con la consapevolezza di essersi posti le domande giuste. In tempi in cui l’onestà intellettuale scarseggia e la tuttologia dilaga, ammettere di non sapere, come a volte accade nel libro, è un certificato di affidabilità. Specialmente se accompagnato dalle tante cose che invece Giordana e Morello hanno capito indagando, fotografando, domandando.

Asia Criminale è il risultato di un lavoro che formalmente è durato tre anni, dicono gli autori, ma che si capisce essere germogliato molto più indietro nel tempo. Il tema centrale del libro – che poi svaria toccando tutti i “cuori di tenebra” della malavita regionale – è senza dubbio quello delle Scam City, le “città delle truffa”, approfondite sia in quanto fenomeno relativamente recente e ancora da scoprire, sia come esempio del rinnovamento costante e della capacità di adattamento della criminalità organizzata locale.

«Quando esattamente siano nate le Scam City, non è chiaro», scrivono gli autori. «In una qualche forma prima del 2020, cioè prima del Covid, erano probabilmente solo stanze o edifici isolati nelle Sin City, le città tradizionali del vizio (quelle con casinò, bordelli e droghe) dove si testavano le prime truffe online […] Poi i compound sono proliferati col lockdown diventando in alcuni casi veri e propri centri urbani dedicati alla truffa». Oggi è un’industria che vale tre miliardi di dollari all’anno, infiltrata per gran parte dalle triadi cinesi ma spremuta da varie organizzazioni criminali internazionali, tra cui la mafia italiana.

Le Scam City, dove decine di migliaia di “schiavi digitali” organizzano raggiri di ogni tipo (dal phishing alle truffe amorose), arrivando spesso anche sui nostri smartphone, «non sono solo prigioni a cielo aperto. Sono anche città con l’ortolano, il medico, il venditore di motorini». E sono diffuse in gran parte di quello che Giordana e Morello chiamano il “Nuovo Triangolo d’Oro”, «una tela di ragno che si dirama in Thailandia, Cambogia, Laos, Myanmar, Vietnam» fino alla provincia cinese dello Yunnan e al Bangladesh.

La digitalizzazione della truffa dovuta alla pandemia ha trovato ulteriore «brodo di coltura» nella guerra civile in Myanmar, che ha favorito l’affermazione di questo tipo di economia illegale con cui si finanzia anche la giunta militare al potere. C’è poi tutta una galassia regionale di Zone Economiche Speciali, o «Zone Economiche Criminali», forse nate con l’idea di riciclare denaro sporco (almeno in alcuni casi) e spesso intrecciate ai grandi progetti infrastrutturali cinesi delle Belt and Road Initiative.

L’opacità che circonda il coinvolgimento di Pechino (e di Washington) negli affari regionali è una delle grandi storie nella storia della criminalità del Sud-Est asiatico, che si intreccia alla diplomazia influenzando gli equilibri internazionali e i rapporti tra Stati. In Asia Criminale si trova pane per i denti anche del lettore interessato alla geopolitica, quindi, ma il libro riesce soprattutto a fare luce su vicende meno raccontate, o dimenticate, come la persecuzione dei Rohingya in Myanmar e gli scontri decennali nel sud della Thailandia. Storie di donne e uomini – e a volte di spiriti – che aggiungono profondità al racconto della malavita dell’Asia sudorientale.

Divertente, infine, il frequente rimbalzo tra le voci degli autori. In più di un’occasione Giordana e Morello raccontano gli stessi luoghi, ma visitati in anni diversi, descrivendone i mutamenti e fornendo al lettore due punti di vista differenti, spesso complementari. La lettura è quasi sempre scorrevole e piacevole, nonostante la complessità intrinseca che comporta il districarsi tra nomi, sigle e luoghi ai più sconosciuti.

Ne risulta che Asia Criminale sia uno dei modi migliori per navigare (senza orientalismi) tra le zone d’ombra del Sud-Est asiatico e farsi un’idea dei suoi “cuori di tenebra”: come racconta la cronaca e l’ultimo capitolo del libro, c’è ancora tanto da scoprire.

A cura di Francesco Mattogno