Suonare per i Khmer Rossi ha salvato Arn Chorn-Pond dalla morte, poi sono stati lui e la sua squadra di maestri a salvare la musica tradizionale cambogiana dall’estinzione. Da anni racconta la sua storia e insegna ai giovani a preservare l’arte e la cultura del paese
Arn non sapeva piangere. Era naturale che fosse così, per un bambino cresciuto sotto il regime dei Khmer Rossi: «Bastava mostrare il minimo accenno di un’emozione per essere uccisi», ha dichiarato in un’intervista al Diplomat del 2020 Arn Chorn-Pond, sopravvissuto al genocidio. Ha un cognome composto, spezzato in due come la sua vita. I Khmer Rossi presero il potere che aveva solo 9 anni.
Chorn-Pond era figlio di una coppia di musicisti di Battambang, al tempo seconda città più popolosa della Cambogia, un posto vivo, ricco di arte e cultura. Quando arrivano i Khmer Rossi, nel 1975, lo strappano alla sua famiglia e lo rinchiudono insieme ad altri 700 bambini, compresi i suoi fratelli e sorelle, all’interno di una pagoda buddhista trasformata in un campo di lavoro e di sterminio. «Ho visto mia sorella morire di fame, lentamente», ha detto in un discorso TEDx del 2015. Come lei moriranno di stenti o per mano delle guardie altre centinaia di quei bambini: «Due anni dopo eravamo rimasti in 60». A lui lo ha salvato la musica.
Dal khim al fucile
Un giorno, racconta Chorn-Pond, le guardie del campo chiesero ai bambini chi avesse intenzione di imparare a suonare uno strumento. Nonostante il timore che potesse trattarsi di un inganno – mostrare questo tipo di interessi rappresentava un buon motivo per essere fucilati –, lui e quattro dei suoi compagni alzano la mano. Le guardie non stavano mentendo. Chorn-Pond e gli altri quattro bambini iniziano così ricevere lezioni da un maestro, un altro detenuto, che insegna loro le basi di una serie di strumenti tradizionali cambogiani, tra cui il khim (uno strumento a corde simile al dulcifer martellato) e il khloy, un flauto.
Passa poco tempo e il maestro viene giustiziato, insieme a tre dei bambini volontari, considerati troppo lenti nell’imparare a suonare. Chorn-Pond invece mostra un certo talento, viene affidato a un nuovo insegnante, il maestro Mek, e gli è concesso di suonare per intrattenere le guardie con le canzoni rivoluzionarie. Le note del suo khim venivano riprodotte per tutto il campo attraverso gli altoparlanti e servivano anche a un altro scopo: coprire le urla dei condannati a morte, gli spari, il rumore dei crani fratturati. «Eppure, potevo sentire i lamenti delle vittime», ha detto Chorn-Pond, «e l’unico modo che avevo per contenere il panico era suonare il khim il più veloce possibile, al ritmo del mio battito cardiaco».
Per oltre due anni Chorn-Pond e il maestro Mek riescono a sopravvivere diventando indispensabili l’uno per l’altro, convincendo le guardie che la morte di uno dei due avrebbe significato la fine della musica nel campo. Poi arriva il 1978. Con il Vietnam che si trasforma in una grave minaccia per il regime dei Khmer Rossi, a Chorn-Pond e altri migliaia di bambini viene dato in mano un fucile: sono i bambini-soldato di Pol Pot. Chorn-Pond combatte, uccide, porta sulla schiena i corpi dei compagni feriti «fino a che di loro non restava altro che sangue». Poi non ce la fa più, e scappa.
Una seconda vita
Riesce a sopravvivere per mesi nella giungla cambogiana, al confine con la Thailandia, cibandosi di ciò che mangiavano le scimmie (o mangiando le stesse scimmie). Non sa neanche lui come l’abbia trovato, dirà, ma a un certo punto si ritrova in un campo profughi thailandese. Lì viene accolto e quasi immediatamente adottato da un pastore luterano di nome Peter Pond: è l’altra metà del suo cognome, suo padre adottivo.
Nel 1980 Chorn-Pond si trasferisce nel New Hampshire, negli Stati Uniti, dove inizia a frequentare le scuole superiori. «Pensavo che la mia vita sarebbe migliorata», ha dichiarato più volte, «ma gli altri studenti mi chiamavano “scimmia”, mi dicevano di tornare nel posto dal quale ero venuto. Non mi sono mai sentito così tanto solo in vita mia, neanche nella giungla in Cambogia. Volevo comprare una pistola e suicidarmi». Così suo padre gli suggerisce di parlare, e raccontare la sua storia. È il primo bambino-soldato cambogiano a farlo, nel 1984, ed è il primo passo verso la guarigione. L’altro è ricominciare a suonare.
Dopo essere entrato in varie organizzazioni per la tutela dei diritti umani (tra cui Amnesty International) e aver partecipato a una serie di progetti umanitari, tra gli anni Ottanta e Novanta Chorn-Pond, ancora tormentato dal suo passato, capisce che per salvarsi deve riprendere in mano il flauto, o il khim, e rientrare in Cambogia. Una volta tornato, scopre che quasi tutti i 35 membri della sua famiglia d’origine sono stati uccisi dai Khmer Rossi, insieme a circa il 90% di tutti gli artisti e musicisti che vivevano nel paese prima del regime. Erano «spiriti liberi»: i primi da fare fuori.
Tra coloro che sono sopravvissuti c’è però il suo vecchio maestro Mek, che incontra per caso in una strada di Battambang, dove viveva come senzatetto. Questa volta, sarà l’ex allievo a salvare la vita al maestro.
La Cambogia vive
Nel 1998 Chorn-Pond fonda la Cambodian Masters Performers Programme, una scuola di musica e arte, poi ribattezzata Cambodian Living Arts (CLA), che aveva l’obiettivo di far risorgere le arti tradizionali cambogiane. Mek è tra i primi a unirsi come insegnante. In un paese in cui la cultura veniva tramandata oralmente dai maestri agli allievi, il rischio che l’arte e la musica tradizionali sparissero, dopo il genocidio, era altissimo. Ventisette anni dopo, se ciò non è successo è anche merito della CLA.
Nel corso del tempo, nonostante gli scarsi finanziamenti iniziali, la CLA si è trasformata in un punto di riferimento per il settore della cultura cambogiano. La scuola oggi offre borse di studio, varie tipologie di corsi, tirocini, scambi culturali e altre forme di sostegno agli artisti del paese. La CLA è «diventata parte di un processo più ampio di recupero della nostra dignità, sia per i maestri che per gli studenti», ha detto Chorn-Pond. I primi hanno ritrovato la Cambogia che conoscevano prima del genocidio, i secondi un’opportunità per rendere la musica e gli spettacoli una fonte di sostentamento economico, mantenendo vive le tradizioni.
Tra i progetti più riusciti della CLA c’è “L’autobus magico della musica”, un bus che dal 2013 fa tappa in tutte le zone rurali della Cambogia portando la musica «a chi non ha neanche mai visto uno strumento», ma non solo. Attraverso le canzoni, i maestri insegnano agli strati più poveri della popolazione alcune nozioni di base in una forma di alfabetizzazione creativa, per chi non ha mai potuto permettersela.
Per il suo lavoro Chorn-Pond ha ricevuto vari riconoscimenti internazionali e la sua storia è stata raccontata nel libro Never Fall Down di Patricia McCormick (2012), oltre che nel documentario The Flute Player del 2003. Da quel giorno del 1984 in cui ha cominciato a raccontare la sua vita, su consiglio di suo padre adottivo, non ha più smesso di farlo. Spesso porta con sé anche un flauto. «Oggi suonare mi aiuta a ridere», dice, «ma anche a piangere». E mentre suona, ecco che scende una lacrima.
Di Francesco Mattogno
[Pubblicato su Gariwomag]