Oltre novemila morti premature a causa dell’inquinamento. E un aumento impressionante di malattie croniche come asma e bronchite. Questo è il bilancio di uno studio di Greenpeace sulla qualita dell’aria in Cina. La causa principale è il consumo di carbone e non basta ridurlo solo nelle città più importanti. Serve un’operazione più coraggiosa. L’inquinamento delle 196 centrali a carbone che si trovano nella regione dello Hebei e nelle municipalità di Pechino e Shanghai hanno causato 9.900 morti premature solo nel 2011. Senza contare le malattie croniche come asma (11.110 casi in un anno) e bronchite (12.100 casi) Questo è il risultato di uno studio condotto da Greenpeace e un team di esperti americani in inquinamento dell’aria.
Il report molto condiviso online ha riacceso la memoria della nube tossica che ha avvolto Pechino lo scorso inverno con un inquinamento che è arrivato a toccare picchi 80 volte maggiori dei limiti consentiti dall’Unione europea. Tra le morti registrate dallo studio di Greenpeace 850 sono per cancro ai polmoni legato all’inalazione di metalli pesanti quali l’arsenico, il piombo, il cadmio e il nichel. Il resto è dovuto a infarti e disturbi meno gravi al cuore e ai polmoni.
La regione nordorientale dello Hebei è terza per consumo di carbone e, secondo l’ultimo censimento, ospita quasi 72 milioni di persone. Il 75 per cento delle morti in questione, sono state registrate in questa regione. E non è tutto, la ricerca evidenzia anche un altro dato: il gas acido e le polveri sottili che provengono dalle centrali a carbone sono volatili e vanno quindi anche a condizionare il tasso delle altre divisioni amministrative cinesi su cui finora non è stato condotto uno studio così specifico. “Bisogna seriamente pensare a lasciare la bella Pechino”, è il commento allo studio più diffuso in rete.
Pechino in effetti è la città più colpita. Qui nel 2011 si sono registrate 1982 morti premature, l’80 per cento delle quali sono causate dall’inquinamento. Il South China Morning Post, ad ora l’unico quotidiano a riprendere la notizia, evidenzia come gli sforzi della capitale cinese per diminuire drasticamente l’impiego di carbone vengano vanificati perché nella confinante regione dello Hebei non sono state prese misure simili.
Per dare un’idea dell’imponenza del fenomeno basta esaminare due dati. Le informazioni ufficiali sull’utilizzo del carbone ci dicono che nel 2010 Pechino ha programmato di ridurre le 27 tonnellate utilizzate ogni anno a 20 entro il 2015, ma la sola regione dello Hebei ne ha consumato 317 tonnellate nel 2011.
Huang Wei, un’attivista di Greenpeace China ha dichiarato al quotidiano di Hong Kong che almeno le amministrazoni di Hebei, Pechino e Tianjin dovrebbero muoversi assieme per affrontare la questione in maniera radicale: “è giunto il momento che lo Hebei faccia qualcosa perché il suo consumo di carbone è causa di 6700 morti premature solo nel suo territorio”.
Le nuove misure approvate dal Consiglio di stato,però, ancora non includono un piano dettagliato per tagliare i consumi di carbone né sul miglioramento della qualità dell’aria nelle città. Lo studio di Grenpeace per altro evidenzia come le statistiche di PM10 presenti nell’aria delle megalopoli di Pechino, Tianjin e Shijiazhuan, la capitale dello Henan, continuano a evidenziare l’aumento della presenza delle particelle dannose nonostante i funzionari delle aree interessate sono tra anni che affermano che la qualità dell’aria continua a migliorare.
I dati però parlano chiaro e sono scritti nero su bianco sul sito del Ministero della protezione ambientale. “certo – conclude Huang – si può sempre imputare il fenomeno al tempo atmosferico, ma penso che le emissioni debbano essere considerate la causa principale”.
[Scritto per Lettera43 ]