Adiz. La goccia che fa traboccare il Mar cinese meridionale

In by Simone

Reazione soft da parte dei cinesi cinesi alla “provocazione” Usa avvenuta ieri, quando due B-52 statunitensi di ritorno dalla base di Guam hanno sorvolato la nuova Air Defense Identification Zone stabilita da Pechino venerdì scorso. Giappone e Stati Uniti avevano immediatamente giudicato la mossa cinese un atto destabilizzante. E la questione del Pacifico entra nel vivo.
Il «sogno cinese» propagandato dal Presidente Xi Jinping prevede la necessità per la Cina di avere un ruolo più rilevante nell’ambito di accordi e negoziazioni internazionali. Pechino ha salutato così con molto clamore l’accordo di Ginevra, sottolineando il ruolo fondamentale di Pechino, capace di mediare tra Iran – partner di lunga data – e Washington.

Hua Liming, ex ambasciatore cinese in Iran, ha dichiarato alla stampa nazionale che «quando le due parti si sono imbattuti in problemi irrisolvibili, si sono rivolti alla Cina, capace di recuperare la negoziazione e rimettere le cose in carreggiata». La Cina celebra la propria mediazione, sottolineando la rinnovata e robusta politica estera di Pechino; ma se la Cina in ambito mondiale si pone come negoziatore, a casa propria fa invece la voce grossa, cercando di ribadire la sua rinnovata e importante presenza internazionale.

Contemporaneamente all’opera diplomatica a Ginevra, la Cina nel week end annunciava infatti la Air Defense Identification Zone (Adiz), ovvero una zona di difesa aerea nel mar cinese orientale, sui territori contesi con il Giappone. Si tratta di quel gruppetto di isole disabitate chiamate Senkaku dai giapponesi e Diaoyu dai cinesi. Venerdì scorso la Cina ha istituito la zona di difesa e ha inviato aerei da combattimento, a sottolineare quello che Pechino pensa circa la sovranità di di quei territori. Si è trattato di una decisione che non poteva scuotere in modo netto gli equilibri dell’area.

Gli Stati Uniti hanno emesso durissimi comunicati contro Pechino, così come il Giappone, che ha provveduto ad inviare subito navi e aerei nella zona. Da Tokyo la condanna è stata durissima, ma la Cina ha risposto in fretta, convocando l’ambasciatore giapponese. Secondo Pechino, non ci sarebbero motivi di tensione: «la misura non è rivolta contro nessuno Stato in particolare». E’ chiaro che rasserenandosi la tensione nella zona mediorientale, il prossimo campo di battaglia, per ora solo diplomatico, è ormai il Pacifico.

La strategia «pivot» di Obama è da tempo conclamata e la Cina ha più volte ribadito il proprio fastidio di fronte alla presenza sempre più numerosa di basi ed esercitazioni americane in quello che considera, da secoli, il suo cortile di casa. Gli Usa sono stati i più irritati dalla mossa di Pechino riguardo la difesa aerea: «invitiamo la Cina a non attuare la sua minaccia di agire contro gli aerei che non si identificano o non obbediscono agli ordini di Pechino», ha detto il Segretario di Stato John Kerry. Washington, inoltre, ha aggiunto che «l’annuncio cinese non cambierà il modo in cui gli Stati Uniti conducono le operazioni militari nella regione».

Il segretario della Difesa Chuck Hagel ha infine ribadito che le isole Senkaku rientrano nell’ambito del trattato di sicurezza Usa-Giappone, ovvero che Washington difenderà il suo alleato Tokyo se la zona verrà attaccata. E infatti ieri due B52 americani di ritorno dalla base di Guam hanno sorvolato la nuova Adiz. Con il volo dei due bombardieri, Washington ha fatto immediatamente capire che non intende subordinare la propria presenza militare nell’area alle scelte di Pechino e rispettare le procedure della Adiz.

Il portavoce del ministro della difesa cinese nella sua prima reazione ufficiale ha semplicemente affermato che "l’esercito cinese ha immediatamente identificato e verificato il tipo di aereo statunitense e ha monitorato [l’azione] dall’inizio alla fine". Anche i media cinesi per ora abbassano i toni e fanno spiegare da diversi esperti che l’Adiz non è una minaccia per nessun Paese limitrofo. Pechino ha inoltre ribadito che i normali voli di linea non dovranno cambiare nulla delle procedure che già utilizzano quando volano verso il territorio cinese, ma i media corporate giapponesi e Usa hanno dato grande enfasi all’indicazione data dal governo di Tokyo alle compagnie aeree nipponica di non rispettare le richieste del comando di terra cinese.

In realtà, sia Giappone sia Usa hanno già una loro Adiz e la Cina non fa che entrare nel club. Non è né una “no fly zone” né un allargamento dello spazio territoriale. Si tratta di una “zona di sicurezza” ampia quanto basta per scongiurare eventuali attacchi al continente provenienti dall’aria e implica che ogni aereo che la sorvola debba identificarsi con il comando di terra e, in caso, obbedire ai suoi ordini (come ad esempio quello di deviare la propria rotta).

Secondo i più avveduti critici della mossa "unilaterale" della Cina, la Adiz cinese si distinguerebbe da quella statunitense per un motivo molto evidente: da quanto si capisce, le norme cinesi per il sorvolo della zona non fanno distinzione tra aerei in volo parallelo rispetto alla costa della Cina e quelli che volano verso lo spazio aereo territoriale del Paese, a differenza di quelle Usa. Cioè, in pratica, se un aereo è diretto da tutt’altra parte ma passa comunque per la Adiz cinese, deve comunque sottostare alle regole stabilite da Pechino.

Il problema è che quella stabilita dalla Cina si sovrappone a quella nipponica già esistente, per cui, in teoria, chi vola su quella zona del Mar Cinese Orientale dovrebbe seguire sia le indicazioni del comando cinese sia di quello giapponese. E il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden si recherà in Cina, Giappone e Corea del Sud all’inizio del mese prossimo. La questione del Pacifico è ormai entrata nel vivo.

[Le parti di questo articolo a firma Simone Pieranni sono state scritte per il manifesto]