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A Nord dell’India: la travagliata storia del Pakistan, un paese sottovalutato

In Asia Meridionale, Cultura by Francesco Mattogno

“A Nord dell’India. Storia e attualità politica del Pakistan” di Francesco Valacchi, dottorato e assistente presso l’Università di Pisa, offre uno sguardo approfondito sulla travagliata storia del Pakistan, dal 1947 a oggi, senza orientalismi né pregiudizi

Se esistesse una classifica dei paesi più sottovalutati al mondo per storia, rilevanza geopolitica e vivacità del proprio sistema politico, il Pakistan se la giocherebbe senza problemi per ritagliarsi un posto sul podio. Quella pakistana è una democrazia profondamente imperfetta – come molte d’altronde, anche a occidente – ma viva, interessante, spesso sorprendente, della quale sui media internazionali e italiani si parla troppo poco. Soprattutto pensando a quanto la politica interna di Islamabad sia da sempre intrecciata alla storia dell’Asia meridionale e delle grandi potenze che hanno cercato, e cercano, di aumentare il proprio grado di influenza sulla regione.

Il Pakistan è poi un paese mutilato, per sua natura (nascendo dalla Partition dell’India, nel 1947) e per ragioni storiche, dopo essere rimasto orfano nel 1971 del suo territorio orientale, che da allora si chiama Bangladesh. Nonostante questo, il Pakistan è oggi il quinto stato più popoloso al mondo con circa 240 milioni di abitanti, molti dei quali sparsi ai confini con due vicini difficili come Afghanistan e Iran, condizione che per decenni lo ha reso un centro strategico per le operazioni delle milizie regionali e dell’esercito americano nell’area. È un paese che dispone di armi nucleari e da tempo pervaso dal terrorismo, con alle spalle una storia di omicidi politici eccellenti e di dominio dell’élite militare. Ed è una Repubblica Islamica, con tutte le conseguenze costituzionali e sociali che ne derivano, e che meriterebbero di essere indagate più a fondo.

Di tutto questo e di molto altro ha parlato Francesco Valacchi, dottorato e assistente presso l’Università di Pisa, nella sua monografia A Nord dell’India. Storia e attualità politica del Pakistan (Aracne, 108 pag., 1ª edizione ottobre 2024). Valacchi è un profondo conoscitore del Pakistan, paese nel quale si è recato più volte e dove può vantare contatti diretti con gli esponenti di vari strati della società pakistana, dall’establishment accademico a quello militare e religioso. Di questi tempi è cosa rara, specialmente nel contesto universitario e giornalistico italiano, ed è una qualità che traspare anche dalla ricercatezza e autorevolezza delle numerose fonti che arricchiscono la bibliografia del libro.

Nel testo, suddiviso in quattro capitoli principali, l’autore ripercorre tutta la storia politica del Pakistan a partire dal 1947. Ampio spazio è dedicato alle tre dittature militari – intervallate da anni di vari governi democratici, poi puntualmente rovesciati da colpi di stato dell’esercito o da vicissitudini giudiziarie – che si sono susseguite alla guida del paese fino al 2008, con alterne fortune riguardo alla loro capacità di garantire una crescita economica stabile e non macchiata dalla corruzione, che invece era e resta uno dei più grandi problemi dalle parti di Islamabad.

L’autore dedica due capitoli rispettivamente anche al Movimento per la Giustizia del Pakistan (PTI) di Imran Khan, l’ex premier che oggi si trova in carcere e che resta una delle poche figure in grado di fare notizia fuori dalla rete dei media specializzati, e al ruolo dei partiti islamici, con un interessante accenno finale all’importanza dell’islam all’interno della società e della politica pakistana. Quest’ultimo è un tema spesso sottovalutato, ma di grande rilevanza, specialmente se si ha intenzione di guardare con cognizione di causa a quello che accade in Pakistan, allontanandosi dai pregiudizi e dalle conclusioni affrettate su cosa significhi vivere in una Repubblica Islamica.

Come scrive Valacchi, parlando del ruolo da “pretoriani” dei militari nella politica pakistana e portando a sostegno della sua tesi vari spunti storici e la propria conoscenza personale del paese, «la popolazione di fede musulmana, ovvero la stragrande maggioranza dei pakistani, ha bene in mente un generalizzato timore per la fitna, la guerra civile, l’anarchia, una condizione di violenza pre-statale nel quale ogni legge dello stato e qualunque precetto dell’Islam sono dimenticati e la violenza diviene l’unico tipo di relazione sociale. Per il musulmano nella grande maggioranza dei casi un cattivo governo, purché tenuto da musulmani, è preferibile a questa sventurata condizione».

Grande attenzione è anche dedicata all’ascesa delle due dinastie politiche più importanti del paese, quella dei Bhutto-Zardari e degli Sharif, che ancora oggi esprimono rispettivamente il presidente (Asif Ali Zardari) e il primo ministro (Shehbaz Sharif) del Pakistan. Sono storie di potere e di corruzione lunghe decenni, fatte di attentati, colpi di stato e rimozioni arbitrarie, parallele – anche se spesso intrecciate – a quelle dell’esercito, che resta uno dei capisaldi del sistema politico pakistano. Proprio su questo punto, portando come esempio anche l’ultima tornata elettorale di febbraio 2024, l’autore si chiede se si tenda a dare troppo peso al ruolo dietro le quinte dei militari, il cui potere effettivo potrebbe essere stato sopravvalutato, soprattutto in tempi recenti.

Si tratta di uno dei tanti spunti di riflessione portati dalla monografia, dove si parla tanto anche di geopolitica, ripercorrendo in particolare la storia del supporto strategico fornito dalle varie amministrazioni americane alla schiera di dittatori militari che hanno governato a Islamabad. Ma c’è spazio anche per le frequenti ambiguità pakistane in politica estera, a partire dal rapporto travagliato con i Talebani afgani, quanto mai di attualità.

Al di là dell’intrinseco merito di aver dedicato un intero testo in lingua italiana a un paese poco raccontato come il Pakistan, A Nord dell’India riesce a riassumere bene quasi 80 anni di storia in un centinaio di pagine, toccando i punti salienti dell’esistenza politica del Pakistan spesso anche con la dovuta profondità. Il libro, per quanto adatto anche a un pubblico non accademico, è infatti molto denso di contenuti, cosa che in alcuni casi ha costretto l’autore a un approccio stilistico talvolta rivedibile nella forma. Nonostante questo, la capacità di sintesi è uno dei principali pregi di questa monografia, insieme all’approccio equilibrato (non orientalista, né occidentalocentrico) e informato dell’autore.

A cura di Francesco Mattogno