Le minacce di un partitino ultrahindu a Mumbai contro la proiezione di un polpettone bollywoodiano hanno preso una piega inquietante, portando all’istituzione di un «contributo volontario» da parte dei produttori cinematografici al Fondo nazionale per i parenti dei soldati indiani morti nell’esercizio delle proprie funzioni. Una «tassa patriottica» che si applicherà solo per le pellicole che ingaggeranno attori pakistani e che, di fatto, istituzionalizza misure discriminatorie contro gli artisti provenienti dal Pakistan. Col benestare del governo del Bjp in Maharashtra, che ha mediato tra gli pseudofascisti del Mns e la produzione di Ae Dil Hai Mushkil.Per apprezzare in toto la gravità della vicenda occorre un brevissimo excursus storico sugli intrecci tra politica, spettacolo e ultrainduismo a Mumbai, tema che meriterebbe un lungo capitolo a sé e che ci ripromettiamo di trattare con più calma in futuro.
Partiamo da Bal Thackeray, fondatore e leader del Shiv Sena, letteralmente «l’esercito di Shivaji», il mitico generale marathi che respinse l’avanzata musulmana nell’attuale Maharashtra nel 17esimo secolo. Bal Thackeray, fino alla sua morte nel 2012, è stata una figura centrale nella gestione del potere a Bombay, a capo di una formazione politica di stampo nazifascista con caratteristiche hindu, pedigree rivendicato dallo stesso Bal, grande ammiratore di Hitler. Il supremo del Shiv Sena, per decenni, controllando migliaia di sgherri pronti ha mettere a ferro e fuoco la città a un suo cenno, ha tenuto in scacco la gestione della cosa pubblica in Maharashtra esercitando il potere derivato dalla minaccia del terrore: ogni governo, ogni imprenditore, ogni produttore cinematografico e diversi attori di spicco hanno dovuto fare i conti – e scendere a patti – con lo strapotere di Bal Thackeray, l’uomo che secondo sua stessa ammissione «telecomandava» da casa propria i governi che si susseguivano nella capitale economica del paese.
Al Shiv Sena, tra le altre, sono imputati i pogrom contro la popolazione musulmana di Mumbai dei primi anni 90, la distruzione di sale cinematografiche durante polemiche con attori musulmani, i picchetti attorno agli stadi del cricket prima di match tra India e Pakistan previsti mentre la tensione tra i due stati superava la soglia della «normalità». Bal Thackeray morì nel 2012 e per due giorni l’intera città fu costretta dalle squadre del Shiv Sena a sospendere ogni attività, osservando il lutto. Dopo il Mahatma Gandhi, Bal Thackeray è l’unico indiano a cui è stato riservata una pira funeraria in pubblica piazza, alla presenza delle massime cariche politiche e imprenditoriali del paese, oltre a centinaia di migliaia di sostenitori.
Una faida interna alla famiglia Thackeray, nel 2006, ha visto smembrarsi il partito, con la nascita del Maharashtra Navnirman Sena (Mns), fondato e presieduto da Raj Thackeray (nella foto in alto), nipote di Bal e cugino di Uddhav, oggi a capo del Shiv Sena. Nonostante l’ideologia delle due formazioni politiche sia identica, Shiv Sena e Mns sono al momento su fronti opposti: il primo è alleato di minoranza del Bharatiya Janata Party (Bjp, il partito del primo ministro Narendra Modi), il secondo alle ultime elezioni ha corso da indipendente, eleggendo un solo esponente in tutte le circoscrizioni del Maharashtra.
La scorsa settimana il Mns ha minacciato di disturbare le proiezioni di Ae Dil Hai Mushkil in tutto lo stato, poiché tra le star della pellicola diretta da Karan Johar ci sarà anche l’attore pakistano Fawad Khan (nella foto, a destra), considerato dall’ultradestra hindu – assieme a tutti gli altri attori pakistani a Bollywood – un sostenitore del terrorismo pakistano, per il semplice fatto di essere nato e cresciuto in Pakistan. In un primo momento la Cinema Owners and Exhibitors Association of India (Coeai), a dimostrazione del proprio patriottismo, aveva disposto lo stop di tutte le pellicole in uscita con protagonisti pakistani finché i rapporti con Islamabad non fossero cambiati, assecondando il clima generale di stato di guerra che si respira in queste settimane in India.
Ma Devendra Fadnavis, chief minister del Maharashtra ed esponente del Bjp, a stretto giro aveva assicurato il dispiegamento delle autorità di polizia fuori dai cinema dello stato per permettere la regolare proiezione del film, minacciando gravi ripercussioni per chi minacciava l’ordine pubblico. Una posizione che si è ribaltata nel giro di un paio di giorni, quando lo stesso Fadnavis si è offerto come mediatore tra Mns e la produzione di Ae Dil Hai Mushkil, nel tentativo di trovare una soluzione pacifica.
Siamo quindi di fronte a un’istituzione indiana che decide di scendere a compromessi con un gruppo ultrahindu violento, rinunciando a far valere il primato della legge sulle sparate nazionalpopuliste di un partitino di ispirazione neofascista, offrendosi come mediatore tra le parti.
Sabato 22 ottobre, dopo una riunione nella residenza ufficiale di Fadnavis, è stato raggiunto un accordo clamoroso: le produzioni cinematografiche che hanno ingaggiato attori o attrici provenienti dal Pakistan potranno mandare in sala i propri film senza il timore di conseguenze da parte degli sgherri del Mns, a patto che venga versata una quota di 5 crore di rupie a film – 690mila euro – nell’Army welfare fund, un fondo di sostegno alle famiglie dei soldati morti nell’esercizio delle proprie funzioni istituito qualche mese fa dal ministro della difesa Manohar Parrikar (sempre Bjp). Quando la produzione di Ae Dil Hai Mushkil verserà questa nuova «tassa patriottica», il fondo avrà più che triplicato la propria disponibilità monetaria, ferma al momento a nemmeno 2 crore di rupie.
L’evidente speculazione delle morti dei militari indiani per fini politici in India ha indignato gran parte dei generali in pensione, gli unici a poter esprimere pubblicamente opinioni di carattere politico, che hanno auspicato l’Arma rifiuti dei soldi estorti al cinema da un gruppo ultrahindu.
Si tratta di una vittoria su tutta la linea del Mns e di un precedente inquietante che palesa la realtà dei rapporti di forza tra le frange dell’estremismo hindu e le istituzioni indiane.
[Scritto per Eastonline]