2012, musica da un anno speciale

In by Gabriele Battaglia

Il nuovo anno è iniziato da un pezzo ormai e, anche se in ritardo, si rinnova una consuetudine da cui non ci si può esimere: la classifica dei dischi dell’anno appena trascorso. Anche perchè il 2012 è stato un anno ricco e stimolante per la musica cinese, in cui non sono mancati bei dischi, tanto da rendere difficile le selezione.
 1. Snapline – Phenomena (Maybe Mars)

Il primo posto è stata una scelta facile: Phenomena è un’esperienza spiazzante e profonda, che dà voce a un certo “spleen” esistenziale, come nella migliore tradizione del dark/post-punk inglese dei primi anni ’80.

Eppure gli Snapline di Phenomena appaiono come un gruppo molto originale perchè è stato capace di reinventare il proprio suono tagliente riducendolo ancora di più all’essenziale, facendo emergere così dettagli e sfumature di un fascino sfuggente. Sebbene sia uscito in estate, è nel grigio e gelido inverno pechinese, come quello di questi giorni, che Phenomena si fa apprezzare al meglio. Scuro e introverso, ma a suo modo anche visionario.

Gli Snapline sono un trio composto da Li Qing e Li Weisi – ex-Carsick Cars e artefici del duo elettronico-sperimentale Soviet Pop – che si occupano della parte strumentale, e da Chen Xi alla voce e batteria elettronica. Phenomena è un re-work del secondo disco del gruppo Future Days, uscito negli Stati Uniti due anni fa e prodotto da Martin Atkins. Ma non soddisfatti dalla produzione di Future Days, il gruppo ha deciso di ri-registarlo a Pechino, per poter dare voce alla propria visione sonora. In Cina Phenomena esce con Future Days come bonus-disc, così si possono confrontare i due lavori, inutile dire che il primo supera di gran lunga il secondo.

Brano consigliato: “Flu

 2. The Tea Rockers Quintet – Ceremony (Ent-T)

Un progetto musicale che sfugge alle più canoniche definizioni: un quintetto composto da soli 4 musicisti; un gruppo che non esiste se non in occasionali e sporadiche esibizione totalmente improvvisate.

Musica che sfida la nozione di generi musicale ed esplora un nuovo possibile incontro tra tradizione e sperimentazione. Tea Rockers Quintet è un cosiddetto "super-gruppo", ovvero musicisti diversi che si riuniscono per un progetto parallelo ed estemporaneo.

In questo caso i protagonisti sono Wu Na al guqin, strumento principe della tradizione musicale cinese (si dice essere lo strumento a corda più antico del mondo), il virtuoso e geniale Li Daiguo che si accompagna con una varietà di strumenti, il folle cantautore Xiao He, chitarra e laptop, e il pioniere della sperimentazione musicale cinese, Yan Jun con oggetti elettro-acustici di varia natura.

Il quinto membro del "Quintet" è Lao Gu, maestro della cerimonia del tè, che con i suoi gesti estende i confini sensoriali della performance musicale, che putroppo però si perde sul supporto discografico.

"Ceremony" è stato registrato in una delle rare performance del quintetto in Svizzera, poi masterizzato e pubblicato dall’etichetta israeliana Ent-T.

Musica a tratti profonda e a tratti ironica, ma sempre pronta a sfidare la tradizione musicale cinese, o forse già in grado di arricchirla di una nuova possibile contaminazione.

Brano consigliato: “Two”

3. Fog – Transparent Mirror (Tree Music)

Di Fog non sapevo nulla, ma è stata una piacevole sorpresa. Il suo – credo – primo disco, Transparent Mirror ,è fatto di un’elettronica arricchita da strumenti acustici (soprattutto pianoforte) poi manipolati digitalmente. Un suono soffice, confortante, melodico e con qualche impeto ritmico idm (“Morning”, “Sunday”), come se ne sente più in Giappone che in Cina, e persino riferimenti post-rock (“White Cloud”).

Fog si aggiunge così a quel piccolissimo gruppo di musicisti elettronici che in Cina sono più dediti alla melodia, al calore e alle atmosfere serene che al rumore o alla sperimentazione sonora, come Me:mo, Nara, Ponisonico. Insomma, la musica di Fog ha ben poco di cinese, è piuttosto elettronica da camera, anzi da cameretta, come se ne fa sempre di più e sempre più ovunque, e proprio per questo universale; non originalissima ma sempre penetrante e ammaliante.

Brano consigliato: “Sunday

 4. White+ – White+ (Maybe Mars)

Dal primo disco ononimo White del 2009 il progetto parallelo del leader dei Carsick Cars, Zhang Shouwang, ha aggiunto un + al proprio nome, diventanto così White+.

L’aggiunta rappresenta il cambio di formazione del duo sperimentale, ovvero ad accompagnare Zhang Shouwang non è più Shen Jing (batterista delle Hang On the Box), ma Wang Xu dei Gar. Ciò ha portato anche un importante cambiamento nel suono del duo, ora più incline al ritmo e alla tensione nervosa.

White+
è così un bell’esercizio di ‘kraut-rock’ futurista che allarga le influenze musicali di Zhang Shouwang dall’asse Velvet Underground/Sonic Youth predominante nel gruppo madre Carsick Cars. White+, però, non guarda però solo alla Germania (dove non a caso è stato registrato), ma anche al minimalismo americano e agli incastri ritmici di certa elettronica digitale.

Un disco, pieno di riferimenti musicali, ma originale alla stesso tempo, dove ogni brano è dedicato a un colore, per un’esperienza psichedelica e caleidoscopica. Zhang Shouwang ha un talento naturale per la musica reiterata e i suoi White+ sono ritmicamente intensi, ipnotici, e diventano ancora più intensi nelle esibizioni live.

Brano consigliato: "silveR

 5. Da Bang – Celebrate ep (Modern Sky)

I Da Bang sono uno di quei gruppi indie-rock-punk con carismatica voce femminile, come Queen Sea Big Shark, Subs, o gli scomparsi Guai Li. In questo caso la cantante è Wang Qing, presenza sicuramente meno irruente di Kang Mao dei Subs, ma con una voce maggiormente incline alla melodia, (e dall’accento inglese non impeccabile).

Rispetto all’album precedente, con questo nuono mini album i Da Bang cercano nuove soluzioni melodiche e un nuovo impatto emotivo dei brani, e iniziando anche, come molti gruppi quest’anno, a unire suoni elettronici esplorando soluzioni che ammiccano al dancefloor. Le ruvidità punk del primo album sono così smussate, complice forse anche il nuovo chitarrista Yan Shi, e i Da Bang si ripresentano pronti ad attirare un sempre più folto pubblico.

Brano consigliato: “16” 

 6. Chui Wan – White Nights (Maybe Mars)

White Nights ha avuto una lunga gestazione: le prime registrazioni sono avvenute quasi due anni fa con il produttore americano Manny Nieto, poi nuove sessioni hanno portato ulteriori cambiamenti per raggiungere una forma sempre più articolata. Così l’esordio dei Chui Wan, una delle band più interessanti e originali dell’underground pechinese, ha visto finalmente la luce a novembre.

Psichedelici, ipnotici e imprevedibili, i Chui Wan compongono ogni brano con arrangiamenti inusuali e ricchezza di dettagli, abbondanza di riverberi ed echi, e persino alcuni richiami ad atmosfere arabeggianti (“White Night” e “Berber”). Proprio a causa di questo suono e degli arrangiamenti del chitarrista/cantante/tasterista Yan Yulong, White Nights non è un disco facile e immediato, anzi si svela lentamente portando l’ascoltatore in un’altra e tutta nuova dimensione.

Brano consigliato: “White Night

  7. Residence A – 用身体碎欲望逃生 (qingyong shenti zasui yuwang taosheng)

Di questo disco avevo già scritto in occasione della sua uscita e non ho mai nascosto di essere un fan del gruppo; ma se solo 请用身体砸碎欲望逃生 (qingyong shenti zasui yuwang taosheng: più o meno, Per favore usa il corpo che polverizza le passioni per fuggire via) fosse stato in grado di trasmettere la forza espressiva dei concerti del gruppo, sarebbe stato al primo posto di questa classifica.

C’è quindi poco d’aggiungere se non che proprio qualche settimana fa i Residence A hanno vinto il Midi Award (praticamente i Grammy Awards cinesi) come miglior gruppo esordiente, un riconoscimento più che meritato per un gruppo che questi ultimi due anni non si è risparmiato ed è cresciuto rapidamente. In ogni caso hanno già registrato un nuovo ep che dovrebbe vedere la luce questa primavera.

Brano consigliato: “送春” (songchun) 

 8. Hanggai – Four Seasons (Zen Music)

Il gruppo cinese più famoso all’estero” così vengono introdotti gli Hanggai sulla copertina di Four Seasons, versione cinese dell’ultimo album della band He Who Travels Far, pubblicato un paio di anni fa dall’europea World Connection. Gli Hanggai sono infatti ormai un gruppo di world music perfettamente inserito nel circuito internazionale di questo genere.

Provenienti dalla Mongolia Interna cinese, promuovono la tradizione musicale mongola ma portandola allo stesso tempo ad un nuovo livello, grazie a elementi di modernità e contaminazione rock perfettamente dosati, e proprio per questo mai banali. Molti comunque i brani tradizionali suonati dal gruppo che, così come nel precedente Introducing Hanggai, la produzione arricchisce di nuovo fascino, e soprattutto li presenta a un pubblico nuovo e sempre più vasto e diverso.

Ma gli Hanggai non sono affermati solo in Occidente, sempre pronto a assorbire nuove suggestioni orientali(-ste), ma sono ormai delle star anche in patria, dove riempiono le platee dei maggiori festival rock, e sono corteggiati da televisioni e media mainstream.

Forse uno dei migliori prodotti del rock cinese non viene dalle metropoli, ma dalle steppe mongole, depositarie di tradizioni tutte da riscoprire e rinnovare.

Brano consigliato: “Hanggai

 9. Wednesday’s Trip – Five Elements (Tree Music)

I ‘5 elementi’ del titolo sono altrettanti brani che rappresentano un passo avanti per i Wednesday’s Trip, dopo il loro precedente e ancora acerbo Secret Mission del 2005. La loro musica è elettronica trip-hop con voce femminile, nella tradizione britannica degli anni ’90, e rappresentato in Cina anche dai seminali 与非门 (Yufeimen), Lilisay, Jomo, ecc.

Poi quest’ultimo anno ha visto una tendenza molto evidente verso la musica elettronica, così persino molti gruppi rock hanno iniziato a usare tastiere e campionatori in studio e sul palco, facendo convergere due mondi tradizionalmente separati, quello dei chitarristi e dei dj.

Anche i Wednesday’s Trip sono andati così verso un’integrazione di strumenti come basso e batteria, con arrangiamenti elettronici, aggiornando allo stesso tempo il loro suono alle ultime tendenze internazionali, portando su disco accenni di quel suono di basso oscillante e distorto che viene da certo dubstep e che gli anglofoni chiamano "drop", diventato ultimamente molto popolare.

I Wednesday’s Trip ritornano così dopo un lungo silenzio e si affermano con un proprio stile sobrio, ed elegante.

Brano consigliato: "Lost Control"

 10. Zhaoze – 1911 (Xingwaixing)

I Pink Floyd cinesi? La domanda sorge spontanea ascoltando 1911, ultimo lavoro di una carriera prolifica durante la quale gli Zhaoze (沼泽, “palude”) hanno saputo far maturare la propria predilezione per brani strumentali e atmosfere dilatate. Un’attitudine che si cominciava ad avvertire, seppur ancora acerba, persino nel primo omonimo disco del 2005.

Da allora gli Zhaoze hanno fatto passi da gigante, abbandonando la forma canzone e concentrandosi sul guqin (strumento tradizionale cinese a corda) e sulla composizione musicale. 1911 è così costituito da 4 lunghe composizioni strumentali piuttosto articolate in cui è sempre il suono del guqin a prevalere.

Il titolo potrebbe far pensare a un omaggio alla Rivoluzione repubblicana del Xinhai di cui si è da poco celebrato il centenario, e che per gli Zhaoze ha significato l’inizio per la rinascita del paese. In poche parole, quello degli Zhaoze è post-rock sinfonico, piuttosto ambizioso, ma che guarda alla tradizione cinese per trovare nuovi spunti sonori.

1911 si può ascoltare alla pagina douban del gruppo

[Articolo pubblicato su Beijing Calling, foto credits: timeoutbeijing.com]

 *Edoardo Gagliardi dopo aver concluso un dottorato di ricerca in cinema cinese contemporaneo presso la Facoltà di Studi Orientali dell’ Università di Roma, la Sapienza, e aver collaborato a riviste e siti internet come Rockerilla, Film, Caltanet, ecc., vive ora a Pechino. È autore del blog Beijing Calling, in esclusiva su China Files.