Pil pro capite raddoppiato sia nelle campagne che nelle città entro il 2020, due figli per tutti e puntare sui consumi e sulla qualità. Sono queste le linee guida del 13esimo piano quinquennale. Il primo dell’era Xi Jinping. Si vuole “una società moderatamente prospera”, che significa mantenere una crescita non inferiore al 6,5 per cento per i prossimi cinque anni. Una sfida enorme che il governo della Repubblica popolare si assume contro ogni pronostico economico. L’obiettivo è uno solo: la stabilità.
La scommessa è trasformare la Cina da fabbrica del mondo a società di servizi. Significa mettere sempre più cittadini in condizione di spendere per contribuire alla rapida crescita del mercato interno che, si spera, permetterà al paese di non cadere nella cosiddetta trappola del reddito medio. Ma lo stato più popoloso del mondo è un coacervo di complessità in cui è difficile districarsi.
La seconda economia mondiale, quella che ha battuto primati storicamente statunitensi come quello del numero di miliardari e di appartenenti alla classe media, ha ancora 70 milioni di contadini che vivono con meno di 320 euro l’anno. Mentre nelle metropoli, il salario mensile di media oscilla tra i 600 e 1200 euro. Siamo di fronte a uno Stato che è riuscito a sollevare 600 milioni di persone dalla povertà e che per i prossimi cinque anni si è posto l’obiettivo continuare su questa strada al ritmo di 12 milioni di persone all’anno. Ma con lo slogan “lasciate che alcuni si arricchiscano per primi”, il socialismo con caratteristiche cinesi ha contribuito alla creazione di una delle società più ineguali del mondo. E tra le meno compassionevoli.
Con l’idea positivista “meno bocche da sfamare, più cibo per tutti”, trent’anni di politica del figlio unico hanno “prevenuto” la nascita di (si stima) 400 milioni di individui. Gli affetti collaterali sono stati terribili: milioni di bambine abbandonate o soppresse alla nascita in attesa dell’erede maschio; donne costrette ad aborti e sterilizzazioni forzate da funzionari locali in cerca di un’avanzamento di carriera e individui che hanno trascorso la vita nell’ombra perché generati “violando” la pianificazione famigliare imposta dal Partito.
Ma non sono stati presi in considerazione dai governi fino a quando, complice il benessere raggiunto, non ci si è resi conto di aver innescato “una bomba demografica a orologeria”. Nel 2050 la Repubblica popolare dovrà nutrire quasi 440 milioni di ultrasessantenni. Nel frattempo la popolazione in età da lavoro, quella tra i 15 e i 59 anni, diminuisce incessantemente dal 2012. E il rallentamento economico e la crescente disoccupazione non aiutano a bilanciare la situazione.
Così ieri si è messa la parola fine a quello che forse è stato l’esperimento di ingegneria sociale più massiccio che la storia moderna ricordi. Da oggi la possibilità di avere due figli è stata estesa a tutte le coppie cinesi. La Cina di Xi Jinping guarda al futuro. E cerca disperatamente di rimediare agli errori commessi in passato. Sperando non sia già troppo tardi.
[Scritto per il Fatto Quotidiano]